In un paese bruciato dal sole
“How do you know what is distance, if you never, looking at a map, said ‘I’m so far away’?”
Prima di imbarcarmi per il viaggio più lungo e geograficamente più lontano mai intrapreso non potevo immaginare nemmeno una delle avventure vissute in quegli assurdi mesi passati “a testa in giù”.
L’avevo a lungo sognata, avevo fantasticato, letto, progettato, pianificato, in attesa di approdare in quella terra così distante e così diversa chiamata Australia.
Nei sei intensi mesi trascorsi down under, ci ho messo poco a rendermi conto che non esiste da nessun’altra parte un mondo simile a quello, dove tutto è unico, niente è scontato.
“Sono dall’altra parte del mondo”. Me lo dovevo ripetere continuamente, all’inizio, perché faceva sempre un po’ effetto il pensarlo. Dopo 24 ore di viaggio, in un’incubatrice dove un’alba, un tramonto e poi di nuovo un’alba mi hanno fatto perdere il senso del tempo e dello spazio, mi sono ritrovata catapultata in un macrocosmo nuovo, dove le stagioni sono al contrario e i confini fatti di oceani.
L’isolamento geografico di quest’isola immensa, che è anche un continente, è difficile da comprendere per noi europei, abituati a cambiare nazioni, lingue, cibi e culture con poche ore di viaggio in auto.
Gli spazi sono sconfinati, i contrasti affascinanti. Le città sono le più vivibili al mondo, caratterizzate da tantissimi gruppi etnici, ciascuno con la propria cultura, nessuna dominante. Ci si sente cittadini del mondo, ma si fa fatica a trovare un senso di appartenenza.
Mi sono persa, in quel melting pot di nazionalità e quel continuo cercare qualcosa con cui identificarsi: l’anima era ammaccata e confusa da sentimenti che sbiadivano tra i fusi orari, da tutti quegli oceani nel mezzo tra me e casa. Non posso dare un nome a quel disagio: era un misto di paura, smarrimento, solitudine. Solo dopo avrei accettato quel malessere come parte della fenomenologia di ogni Vero Viaggio.
In ogni vero viaggio è necessario scegliere un complice, per alleggerire il cammino e condividere l’ordinaria follia e la straordinaria amministrazione. Solo allora è possibile tornare ad apprezzare tutta la meraviglia di un luogo ed essere in grado di dare un nome alla talvolta confusa emotività.
La tregua. Il cercare di tirare fuori dal cilindro delle possibilità il coniglio più bello.
Il “qui ed ora” e quel difficile concetto di “lasciare essere qualcosa esattamente per come doveva essere”.
In quell’anfratto di pianeta i canguri saltellano tra i vigneti delle valli del vino, i piccoli pinguini scorrazzano felici tra le rocce e la sabbia, per ricordarti di essere davvero capitata in un posto pazzesco.
Non si può essere infelici in un posto così.
Melbourne è stata la mia casa per 5 mesi, l’ho girata in lungo e in largo e alcuni luoghi si sono fatti spazio nell’ingombrante bagaglio del mio essere per non andarsene più: il mercato notturno, con i suoi cibi dal mondo. Le passeggiate a Southbank e le ninfee rosa del giardino botanico. Lentil’s e il suo prato pieno di persone sorridenti. I colori di St. Kilda al tramonto e la skyline vista da Brighton Beach, di fronte alla mia casetta colorata preferita.
I caffè caldi tra le mani e le colazioni di Brunswick, il fuoco riflesso nel fiume Yarra, la notte in cui non siamo andate alla festa. Alle bottiglie di vino vuote, piene di confessioni e somiglianze.
Le confessioni di chi ha mollato tacchi e vita posh londinese, per mettersi stivali sporchi di fango e vivere in campagna, trovando la felicità. A chi ha abbandonato tutto nella speranza di un futuro migliore e non è nemmeno riuscito a salutare la propria famiglia, senza sapere esattamente quando la rivedrà. Agli immigrati italiani degli anni ‘50, che si sono costruiti una vita dall’altra parte del mondo che ti dicono di tornare a casa e provare a crederci di più. A chi è rimasto insieme, nonostante la distanza e poi ha deciso di non separarsi mai più. A chi è andato avanti per la propria strada, sentendosi un po’ hopeless ma nel posto giusto. A chi gestiva amori impossibili e a chi ci ha sempre creduto, ma poi è stato travolto dagli eventi.
L’ultimo mese, il viaggio con lo zaino è stata una delle esperienze più incredibili della mia vita. 12.000 i km percorsi in un mese, con ogni mezzo di trasporto possibile. Sul vetro del finestrino del Ghan, treno che attraversa l’Isola da sud a nord, scorrevano paesaggi cambianti: le verdi colline lussureggianti dell’Australia meridionale, piano piano lasciano spazio ad un austero e selvaggio deserto, il Rosso Red Centre. La terra rossa non te la togli di dosso, ti si incolla alla pelle, alla vista, all’anima. I colori e l’imponenza di Uluru, il monolito di arenaria che conserva la sacralità della mitologia aborigena, i loro dipinti, le loro credenze. Il luogo più magico in assoluto, carico di spiritualità.
La valle del vento, fatta di “solo” 3 colori (Rosso, Verde, Blu) in tutta la loro brillantezza.
Piante incredibili, animali pazzeschi e quasi mortali, notti all’aperto, sotto la Via Lattea, ad ammirare stelle cadenti e comete, con il vento che ti gela la faccia e le sveglie all’alba per scalare vecchie formazioni rocciose. I delfini di Byron Bay, Nimbin e i suoi hippy, le colline rotonde. Sabbie scricchiolanti, il lago azzurro, Il fuoristrada sulla spiaggia, la foresta pluviale, l’immersione nella barriera corallina. La spiaggia di Port Douglas e i colori di Whiteheaven; quel pomeriggio nel bosco, a cantare le canzoni della Disney.
Alla sorpresa, alla meraviglia, alle infinite volte in cui sono rimasta senza fiato per la bellezza di quei luoghi. Alle sfide e alle lezioni imparate. Alla distanza degli animi e a quella puramente geografica.
Mi sono interrogata molte volte sulle ragioni che ci spingono così lontano a cercare delle risposte.
Quello che ho imparato è che una volta trovate le risposte che si cercano, cambiano tutte le domande, a prescindere da quanti chilometri decidi di percorrere per trovarle.
Non resta che riempire quei chilometri di bellezza, per renderli degni della fatica del percorso. NO DRAMA, Mate!
Foto di Erika [Salmone]
Salmone va controcorrente, ma mai controcuore. Attraversa l’anima segreta dei continenti, cerca risposte nei luoghi del mondo, scopre universi di possibilità. Torna sempre da dove è partito, con la valigia piena di nuove consapevolezze.
Prossima pubblicazione: martedì 12 giugno, rubrica “Umanamente”, firmata da Pesce Pagliaccio Paola.
Umanamente celebra l’attenzione e la cura delle relazioni: in famiglia, al lavoro; in amicizia, nella coppia. È un cuore che si apre all’Altro, all’Uomo, e gli scrive lettere d’Amore.
PODCAST > L’articolo “In una terra bruciata dal sole” letto da Erika [Salmone].