Requiem per un perdente
Per lui non si può pregare, non l’avrebbe voluto. Né si può fare un elogio di quelli che consolano ai funerali: non c’è niente da elogiare, e forse non ci sarà nemmeno il funerale – sembra che ai parenti non interessi. L’autopsia sì. Quando ti trovano freddo su una panchina, alle cinque del mattino, è di routine.
Era un fallito come ce ne sono tanti al bancone di ogni osteria. Occhi a fessura blu, faccia gommosa da rospo scazzottata dalla vita, mani malferme che portano birra ai labbroni all’ingiù: birre e ore che scorrono lente, con qualche grugnito di saluto se entra un compare. Storie di quieto squallore da ri-biascicare ogni giorno con quella voce tra l’anatra e il basso, venata di non so che sarcasmo: un lavoro fetente nella polizia criminale, l’ultima ex moglie decisa a spillargli ogni soldo (“e io, cretino, ci ricasco ogni volta”), estati passate a curare i gatti di una nipote e l’unico sogno di una pensione ai Caraibi.
Quando è sparito per più di due giorni i compari si sono allarmati. Ma solo dopo due settimane un fratello, occasionale cliente, è passato a bere un goccio e aggiornare la truppa. Morto, sì, seduto su una panchina alla stazione. L’ha trovato la nettezza. Di più non si sa. Un giorno ripasso e vi dico, forse. E siccome un’osteria è quello che è, la tristezza si scaccia col blaterio; si specula a voce mogia, scuotendo il capo, se l’abbia ucciso la mala, l’alcol, l’ex moglie, o si sia ammazzato. Si vorrebbe ricordarlo con qualcosa di bello, ma non viene in mente nulla, e allora si sospira: “Brav’uomo, ci mancherà”. Giù un bicchiere. Fra un mese sarà scivolato di mente.
Cantiamoglielo noi questo requiem, su questa pagina che non può leggere, con parole che non capirebbe. Penserebbe che ci ha fatto pena, e si arrabbierebbe. Ma noi vogliamo solo dire che c’era, che c’è. Che non era quel fiume di alcol, quel curriculum fatto di sbagli, quella fame di una donna qualsiasi. Era Fritz. Speriamo, Fritz, che tu sia ora in qualche altrove dove non è più proibito perdere o desiderare, e qualcuno ti stia accarezzando via dalla faccia ogni ruga di rospo e di rabbia, teneramente.
Pesce banal-nostrano, ma con sgargianti pallini sul fianco. Grazie al poeta Hopkins ha scoperto: non è un errore, ogni “pied beauty” è il marchio a fuoco d’un Artista. E vola a caccia di pois e altre stranezze a colori per saperne di più.
*Illustrazione di Paola Franchi [Trota Fario]
PODCAST > Il racconto “Requiem per un perdente” letto da Paola Franchi [Trota Fario].