Finché qualcuno canta
Arde Notre Dame. Mentre torrioni di fumo e fiamme ingoiano la Signora, mentre il rombo del mostro schianta archi roventi e scioglie vetrate, e s’accartocciano e anneriscono in polvere secoli di bellezza; mentre l’angoscia dilaga in rete, e la gente incollata agli schermi trema – e forse gode d’inconfessabile gusto; mentre fioccano i selfie e i potenti impotenti ciarlano, mentre si sprecano simbologie e dietrologie su un popolo, o un continente, ferito al cuore; mentre arde Notre Dame, qualcuno canta.
Li hanno ripresi per caso, da dietro: qualche foto furtiva e un video sfuocato. Stanno in gruppetto ai margini, insetti nel buio tra i bagliori rossi. E cantano. Spontaneamente, sommessamente, a più voci, nessuno dirige. È una preghiera più vecchia della cattedrale, in quella lingua che è un mormorio gentile, alla Madre: quella di pietra, che sta morendo, e quella nei cieli, cui chiedono di non morire. Non li si vede in faccia, certo piangono, come tutti; sentono come tutti qualcosa dentro spezzarsi quando la guglia si spezza – e ancor più cantano. Strani, così fuori posto, inutili.
Eppure. A ben pensarci. Finché qualcuno esce ancora di casa, via dallo schermo; finché qualcuno nella catastrofe sente ancora l’altro per strada compagno, fratello; finché qualcuno non grida, non filma, non blatera, non accusa – eppure c’è, in prima fila, a viso scoperto, a dare, poco o tanto, quel che ha; finché qualcuno ancora trasforma il dolore in preghiera, o in arte; pochi o tanti non conta, finché qualcuno canta Notre Dame è viva, l’Europa è viva.
*Illustrazione di Paola [Trota Fario]
Pesce banal-nostrano, ma con sgargianti pallini sul fianco. Grazie al poeta Hopkins ha scoperto: non è un errore, ogni “pied beauty” è il marchio a fuoco d’un Artista. E vola a caccia di pois e altre stranezze a colori per saperne di più.
PODCAST > L’articolo “Finché qualcuno canta” letto da Paola [Trota Fario].