Tutto quello che bisogna dire (per essere come si deve)
«Bisognerebbe che in tutto il libro non ci fosse una parola mia, e che, una volta letto il dizionario, non si osasse più parlare, per paura di dire spontaneamente una delle frasi che vi si trovano». Bisognerebbe che anche in tutto il pezzo non vi fosse una parola mia, per la stessa ragione.
Tuttavia qualcuna ne andrà spesa, a mo’ di introduzione. Per cominciare: quelle entro virgolette, qui sopra, provengono da una lettera scritta una notte del 1852, da un giovane Gustave Flaubert, a Louise Colet, sua musa – autodichiaratasi tale – per l’immortale Madame Bovary.
Servivano a presentare l’idea, non conclusa, di radunare in un libro la collezione completa delle idee reçues: i luoghi comuni, le frasi fatte, le odiose idee preconcette e buone per ogni occasione che lo scrittore francese associava alla odiata idea di “borghesia”.
«Ho qualche volta l’atroce prurito di insultare gli uomini e un giorno o l’altro lo farò. [Il dizionario] sarebbe la glorificazione storica di tutto quello che si approva; vi dimostrerei che le maggioranze hanno sempre avuto ragione, le minoranze sempre torto. Immolerei i grandi uomini a favore degli imbecilli, i martiri a favore dei carnefici, e tutto ciò in uno stile spinto all’estremo, a scoppii [sic]».
E continuava «Così per la letteratura, determinerei quel che è facile – cioè che il mediocre, essendo alla portata di tutti, è il solo legittimo, e che bisogna dunque bandire ogni specie di originalità, come dannosa, sciocca».
Il progetto di un Dizionario delle idee chic doveva confluire, nelle intenzioni dell’autore, nell’incompiuto Bouvar e Pécuchet, di cui avrebbe rappresentato il secondo volume. In Italia, questa «apologia della canaglieria umana, in tutti i suoi volti, ironica e urtante» come lo stesso Flaubert la definì nella lettera, sarebbe stata presentata per la prima volta nel 1926, a puntate, sulla rivista “La fiera letteraria”.
Lo stesso settimanale che di lì a poco avrebbe cambiato nome (e volto) allineandosi al regime, e sul quale intanto venivano pubblicati scritti e interventi dei maggiori critici dell’epoca, le prose di Montale, capitoli dell’Uno nessuno centomila di Pirandello, le riflessioni di Mario Praz e Sergio Solmi, lettere inedite dei grandi scrittori del passato, corrispondenze dalle letterature straniere.
Il 10 gennaio 1926 dunque la redazione della Fiera annunciava l’intenzione di pubblicare settimanalmente l’opera «sconosciuta» di Flaubert. Nel commento introduttivo, affidato ad Alberto Cecchi, è riportata quasi integralmente la lettera alla Colet, in cui è chiarito lo scopo dell’impresa flaubertiana: «finirla una volta per tutte con le eccentricità, di qualunque genere esse sieno» e «vi si troverebbe per ordine alfabetico tutto quel che bisogna dire in società per essere un uomo come si deve ed amabile».
Ne deduciamo anzitutto che nel pieno rispetto del cliché per cui tutto ciò che è passato è meglio, il cliché è sempre esistito. Così come il «prurito» di chi non è disposto a cedervi. Perciò, per smorzare e dar voce e una risata a questo mai estinto istinto di mettere le mani al collo di tutti gli stereotipi, le frasi fatte e i pregiudizi, ecco alcune voci del dizionario di Flaubert.
[Il Dizionario dei luoghi comuni è edito da Adelphi (2012) e BUR (2013), con il titolo di Catalogo delle idee chic]ÀMBITO – Suona bene nei discorsi ufficiali: “Signori, in quest’àmbito…”
AMERICA – Bell’esempio d’ingiustizia. L’ha scoperta Colombo e prende il nome da Amerigo Vespucci. Senza la scoperta dell’America non avremmo la sifilide e la fillossera. Comunque esaltarla, soprattutto quando non ci si è stati. Fare una tirata sull’autogoverno.
BANDIERA (nazionale) – La vista della nostra bandiera ci fa battere il cuore.
BASI – Le basi della società sono la proprietà, la famiglia, la religione, il rispetto delle autorità. Parlarne con collera quando vengono attaccate.
BILANCIO – Mai in pareggio
CAMMELLO – Ha due gobbe e il dromedario una sola, oppure il cammello ha una gobba e il dromedario due (si fa confusione). Essere sobrio come un cammello
DAZIO – Si deve frodarlo
DIDEROT – Sempre seguito da D’Alambert
DOLORE – Ha sempre un risultato favorevole. Quello vero è sempre contenuto.
DROMEDARIO – Ha una sola gobba, mentre il cammello ne ha due: o anche il contrario. Non ci si capisce più nulla.
QUADRATURA DEL CERCHIO – Non si sa cos’è, ma bisogna alzare le spalle quando se ne parla.
REGALO – Il suo prezzo non si misura dal suo valore, o il suo valore non si misura dal suo prezzo. Il regalo non è niente: è il pensiero che conta
Sogliola ha due facce. Una fruga sul fondo, dove l’acqua finisce e ricomincia la terra. All’altra non bastava un occhio solo, per tutto quel cielo di mare. Sogliola è una giornalista con gli occhi spalancati sulla poesia.
PODCAST > “Tutto quello che bisogna dire (per essere come si deve)”, letto da Letizia Rossi.