Confessione n.1
“La mia famiglia d’origine non è mai stata tradizionale. Innanzitutto non era esattamente la mia famiglia… biologica, intendo. Poi il mio papà di cuore è morto quando avevo quindici anni, e da quel giorno si è trasferita da noi la nonna materna, Celeste… Che però non era esattamente la mia nonna da parte di mamma di cuore, ma la seconda moglie di mio nonno. Mi seguite? Con lei però mia mamma ha stretto un legame di quelli rari; mi diceva sempre che il loro era stato davvero un incontro di anime.
Difficile parlare di anime. Altrettanto difficile parlare in modo sensato e non superficiale di famiglia.
Cos’è la famiglia? Siete così convinti di conoscere la risposta? Riformulo la domanda in questo modo: pensate davvero di sapere cos’è una famiglia? Qualunque sia la vostra opinione.
Se la vostra risposta non è preceduta da esitazione, da un filo di dubbio, da un lieve timore, da qualche rossore, ecco, allora costringetevi a fermarvi e a pensare, un po’ di più, ancora, magari per qualche anno. Perché il cuore è sacro, e le risposte superficiali una violazione.
Dimenticavo: Celeste, all’età di settantacinque anni è convolata a prime nozze, con Giustino (con mio nonno, in realtà, non si era sposata). Giustino mi ha insegnato a leggere, a leggere davvero, tra le righe, voglio dire. Mi ha insegnato a collocarmi in questo mondo, sfuggendo ai pregiudizi, facendomi sentire che ero più universale che semplicemente terrestre, che le mie origini, come le origini di tutti, sono nelle stelle. Era un vecchio professore di filosofia e io lo chiamavo zio, lo zio Giusto – e ridevamo tutti. Diceva di seminare domande ovunque, nella speranza che con il tempo crescessero fino ad infestare positivamente più concittadini possibile. Raccontava di piantare domande anche nell’orto, una domanda a settimana.
Ho trentotto anni, convivo da un anno con un ragazzo che ho conosciuto durante un lungo viaggio in Giappone, organizzato con sconosciuti che sono poi diventati noti. E sono una sincera, e sinceramente affermo che ora come ora non penso proprio a un figlio. E non mi lascio turbare dalle domande insistenti alle quali è tipicamente soggetta nella nostra cultura una donna di trentotto anni, questione di responsabilità e consapevolezza; più in generale mi chiedo: e se la dimensione della mia maternità fosse semplicemente il mio lavoro? Insegno al liceo. E poi: davvero conoscete il significato di maternità? Perché io mi sento, e sia lodata la stella polare, anche molto paterna.
La mia migliore amica, che poi per me è una sorella…
Mia sorella, quindi, vive con la sua compagna da nove anni, e loro sì vorrebbero prendersi cura di una bambino, di un bambino come sono stata io. Sarebbero genitori meravigliosi, anzi: lo saranno. E adesso si arriva al nodo cruciale…
Ma chi non vuole capire, continuerà a non voler capire, ad arroccarsi nei suoi forti credo, a tenere le difese alzate e cariche. Ma possibile? Nel 2019? Ancora così chiusi?
Mi auguro allora che le loro difese, come i loro attacchi, incontrino e si pieghino presto davanti a uno zio Giusto, come il mio, che inviti loro a pensare in modo universale, e meno tristemente terrestre. Con me ci riuscì, facendomi mettere nero su bianco (la scrittura ha anche questo valore) un pensiero del quale sembravo convinta, e aiutandomi a trovare una via dolce per farmi sorgere infinite domande. Perché sono le domande quelle ad avere un senso.
Concludo questo mio primo post proprio con una domanda, con una ripetizione: pensate davvero di sapere cos’è la famiglia? Pensate davvero di sapere?”
Photo by Greg Rakozy on Unsplash

Pesce Limanda limanda. Corpo piatto. Occhi piuttosto grandi. Bocca piccola con mascelle leggermente prominenti. C’è chi beve per dimenticare. Io scrivo per domandare. Non sono una persona, sono un personaggio, ora più che mai, pubblico – e vivo.
PODCAST > L’articolo “Confessione n.1”, di Kajsa Karvat [Limanda limanda], letto da Comiale [Spigola].