Il maestro del temp(i)o
Per mia figlia, che ha quasi quattro anni, il tempo è ovviamente molto, molto relativo. Proprio ieri, infatti, Babbo Natale le ha regalato il maggiolino, una delle sue macchinine preferite. Sempre ieri è andata al mare, e anche in montagna, e anche a fare il picnic in collina… la nostra famiglia non fa gite in macchina: noi ci teletrasportiamo.
Ieri è stato il suo compleanno, non lo sapevate?, e all’asilo ha giocato con Franci (il giorno di Natale?!); ma ieri è anche successo che con Franci non ha giocato, no, e non è andata neanche all’asilo perché le è venuto il “gomito”. E poi ha nevicato. E faceva così caldo, ieri, che giocavamo insieme sul balcone, in costume, con il catino pieno d’acqua.
Dimenticavo: ieri la Befana le ha portato i biscotti al cioccolato (nonostante avesse il “gomito”?!).
Sarebbe una meraviglia che quando mia figlia mi dice “ieri” fotografasse l’espressione del mio volto (cosa che forse fa, mentalmente): sarebbero delle istantanee esilaranti della stupidità adulta, da condividere subito, socialmente, per mettere a tacere la mia smania di farmi superiore.
Perché ogni volta che dice “ieri”, OGNI VOLTA, io credo che stia parlando DAVVERO della giornata di ieri: prima rimango perplessa, poi mi ricordo che il suo ieri non è il mio, quindi brancolo in uno spazio-tempo indefinito e mi sento come un astronauta sospeso nell’universo, al quale stanno per sganciare quella specie di cordone ombelicale che lo tiene fissato all’astronave.
Proprio come se fosse ieri, ricordo il momento in cui a un cineforum di Como, insieme a una cara amica, ho visto il film “Lontano da lei”. Io, che non sono mia figlia, so che sono passati circa 10 anni, erano più o meno le nove di sera, il film è durato 110 minuti.
Ricordo bene come mi sono commossa nel vedere la storia struggente di una coppia alle prese con l’evolversi dell’alzheimer di lei. Così commossa che mi chiedevo che cosa mi lacerasse tanto la pancia. Il ricordo della malattia di mio nonno? Solo quello? Ero così piccola quando ancora mio nonno era vivo. Avevo tre anni quando sedevo vicino a lui e lui non parlava. Solo una volta ruppe con me il silenzio. Lo ruppe per dirmi “come sei bella!” – e un complimento così, sgorgato dal cuore, dall’anima, così vero e sincero, in pochi me l’hanno fatto: carina sì, me l’hanno detto… Ma un “bella” in quel modo… Beh, mio marito.
Si può condividere ancora uno spazio, uno spazio d’amore, di amore che cresce e si evolve, quando non si condividono più le coordinate del tempo? Quando passato presente futuro sfumano nella testa di uno dei due attori della relazione?
Nel libro “La scoperta del giardino della mente. Cosa ho imparato del mio ictus cerebrale”, la Dottoressa Jill Bolte Taylor, che vorrei ringraziare all’infinito per la sua testimonianza, spiega come a ridosso dell’ictus, nel quale fu colpito il suo emisfero sinistro, non aveva chiara la cronologia degli eventi; guidata dall’emisfero destro viveva nel qui e ora – e basta. L’ictus, cioè, le fece sperimentare una realtà diversa da quella ordinaria e che consideriamo “normale”: non solo viveva il tempo diversamente, ma esperiva diversamente anche lo spazio. Guidata dal solo emisfero destro non percepiva più i confini del proprio corpo – e quindi non avvertiva una separazione fisica tra sé e l’altro da sé.
I bambini, che non condividono – è chiaro – le nostre coordinate spazio-temporali, sono “normali”, malati o alieni? Una persona con alzheimer, o in seguito a un ictus o altro, perdendo le coordinate spazio-temporali, è normale, malata o è un alieno?
Lo so, è una forte provocazione.
Ma uno dei miei più grandi Maestri del Tempo, che incontro ogni giorno nel tempio sacro dell’infanzia, dopo aver scalato faticosamente il mio Himalaya personale, mi ha rivelato, e senza spiegazioni cerebrali, che proprio ieri è stato l’inizio dell’Universo e che ieri ha mangiato la torta. E mi ha illuminato quando ha aggiunto che domani sarà di nuovo Natale e ci metteremo in costume sul balcone – e proprio domani, ma non allarmatevi, vi confermo che la Terra non esisterà più.
E nonostante tutto, anche se non condividiamo le stesse coordinate del tempo, mia figlia ed io stiamo crescendo nel nostro amore, nello spazio, dell’Anima: evolviamo insieme, basta un semplice sguardo. In quale punto del Tempo? Non lo so, forse non m’importa più. Perché quindi non dovremmo evolvere nella nostra relazione, nel nostro amore, nelle nostre coscienze, io e chi sembra “lontano da me”, a causa, ad esempio, dell’alzheimer?
A proposito: proprio ieri qualcuno “lontano da me” ha detto “come sei bella” a mia figlia, rompendo il silenzio. Proprio ieri. Forse, tra quel qualcuno e mia figlia, l’alieno sono io.
*Illustrazione di Comiale.
>> Il video parolalcorpo#01: le parola date al corpo, tratte da questo articolo, sono: tempio, Himalaya, tempo.
Spigola è animata da curiosità. Rianimata da quello che trova in acque limpide, in profondità, a caccia di preda-pensieri. Un artista le ha detto: “Hai provato a scavare in alto?”. Spigola ha visto la luce.
Prossima pubblicazione: martedì 10 aprile, rubrica “Nella tana del coniglio”, firmata da Alice [acciuga].
Nella tana del coniglio tratta di libri, ma senza per forza recensire. La forza è piuttosto la riflessione che dai libri evolve, la vera caduta nella tana del coniglio. Libri con su scritto: “Bevimi”.
PODCAST > L’articolo “Il maestro del temp(i)o” letto dall’autrice Comiale [Spigola].