Piano
Dormo nella stanza dell’alba, dove ogni giorno comincia piano.
Per primi si svegliano i piedi, ai confini del piumone, dopo di loro i pensieri.
Ogni mattina c’è un’ombra diversa: sono le piante rampicanti che giocano con la luce.
In questa stanza anche i sogni entrano con riguardo nel nuovo giorno.
Per una serie di coincidenze questi sono giorni di silenzio e di vuoto, quel vuoto di cui parlano tanti poeti e filosofi.
Un vuoto rassicurante che è spazio, sospensione, pausa, respiro, attenzione, presenza.
Non ci capito mai per caso e procedo per tentativi in una direzione che non è mai definitiva.
In questo spazio osservo i primi fiori che si aprono, fiduciosi.
Sono molto fortunata: in giardino ogni mattina incontro crocus, elleboro, primule e bucaneve.
I crocus bianchi hanno delle righe viola in ogni petalo, due o tre, e sono molto eleganti.
Avere in casa delle piante è un’altra grande fortuna: dargli da bere, cercare la giusta posizione, liberarle dalle foglie secche, osservare quelle nuove, ammirare la calma con la quale nascono, sono cure che generano benessere, che genera amore.
Sono giorni di raccoglimento, uno stare nei momenti e provare a non sciuparli: andare avanti veloce, perdermi in una distrazione, in una paura, sono tutti tentativi di fuga che conosco bene.
Guardo le piante, mi mostrano come germogliare con calma, assecondando le condizioni favorevoli.
Il mio fico Beniamino ne ha passati di momenti difficili: ha visto posizioni e anche case diverse pur di riuscire a trovare la luce di cui aveva bisogno. Oggi sembra stare meglio: me l’ha detto con una nuova foglia.
Torno a pagina .34 di un piccolo libro: ho la sensazione di trovare un senso a questi miei pensieri scomposti.
Da voi il tempo si accumula – e poi appassisce.
Da noi il tempo si perde – e poi fiorisce.
Attendere, è ciò che meglio sappiamo fare,
l’arte suprema nella quale qui tutti si esercitano,
bambini e anziani, uomini e donne, pietre e piante.
Carovana dell’attesa con i suoi due cammelli,
solitudine e silenzio.
Superba imbarcazione dell’attesa con le sue due grandi vele,
solitudine e silenzio.
Chi attende è come un albero con i suoi due uccelli, solitudine e silenzio.
Non comanda alla sua attesa. Si muove a seconda del vento,
docile a ciò che si avvicina, sorridente a ciò che si allontana.
Chi attende, lo chiamiamo il “compiuto” – perché nell’attesa l’inizio è come la fine,
il fiore è come il frutto, il tempo è come l’eterno.
Scrive così in L’altra faccia Christian Bobin, di un mondo immaginario dove le cose sono rovesciate e i pensieri puliti.
Oggi andrò a scegliere una nuova pianta.




Alborella è un pesce gregario: le piace la compagnia delle altre Alborelle. Le piacciono anche i tramonti sul Lago, il cibo sano e genuino, l’arte in tutte le sue forme. E, ogni tanto, le piace esplorare in solitaria, qualche volta cambiare strada e svelare, curiosa, nuovi angoli di cielo.
*Illustrazione in copertina di Comiale (Instagram link)
*Fotografie di Chiara Campi
PODCAST > “Piano“, scritto e letto da Chiara Campi.