Un anno propedeutico
2020, un anno propedeutico. Ho educato lo sguardo a vedere, le mani ad esplorare le distanze: prossemica dei sentimenti, arte dell’attesa di cui dimentico ogni volta le basi. Sono rimasta con quello che resta quando è tangibile la differenza tra necessario e superfluo. Non è stata una corsa ad ostacoli, direzione traguardo, ma un esile inizio che il tempo denso e lo spazio ristretto hanno incoraggiato.
[Come sarebbe bello riuscire ad affidare alle stagioni la possibilità di cambiarci, sollevando le persone da questo difficile compito.]Dei 12 mesi, novembre e dicembre arrivano sempre insieme: novembre raduna le foglie a bordo strada, piccoli foglietti stropicciati di propositi affidati al vento, dicembre con la prima neve ne fa collezione.
Il freddo e un certo sapore di malinconia si sistemano nello spazio vuoto tra i rami degli alberi. Si fanno silenzio, inesorabile come l’acqua in eccesso data ai fiori, che tracimando dal sottovaso genera un’impercettibile pozza sul pavimento. Quando era complicato mettere in fila i pensieri, ho messo in fila i passi: camminare è il mio modo di perdermi per poi ritrovarmi.
Il bosco è presenza, casa, maestro: ho provato ammirazione nel vedere gli alberi abbandonati sotto il peso della neve. Loro mi parlano di fiducia ed io non ne sono all’altezza.
In questo tempo vacillante una cosa lo è sempre meno: accorgermi che tra il mai più e il per sempre è la mia Itaca.


Alborella è un pesce gregario: le piace la compagnia delle altre Alborelle. Le piacciono anche i tramonti sul Lago, il cibo sano e genuino, l’arte in tutte le sue forme. E, ogni tanto, le piace esplorare in solitaria, qualche volta cambiare strada e svelare, curiosa, nuovi angoli di cielo.
*Illustrazione in copertina di Comiale | Fotografia di Chiara Campi
PODCAST > “Un anno propedeutico“, scritto e letto da Chiara Campi.