Archeologia dell’anima
Caro Diario Non Segreto,
ho fatto come le foglie in autunno: mi sono lasciata portare. Quando una decisione tarda ad arrivare ma il bisogno di cambiare aria diventa un’urgenza, bisogna lasciarsi portare.
Ho incontrato due luoghi speciali, che hanno sollevato domande e mi hanno spinta alla ricerca di risposte.
Se è vero che bisogna formulare delle richieste precise – non ci si può aspettare nulla se non si sa cosa chiedere – è anche vero che a volte la necessità di ritrovarsi vale come unica e sola domanda, silenziosa e agita. Ho incontrato me stessa la mattina all’alba, mentre camminavo verso il tempio per la pratica del mattino. Mi sono incontrata di nuovo durante il silenzio che seguiva la meditazione, silenzio pacifico e confortevole. E poi durante i pasti, colorati, gustosi: osservare, assaporare, distinguere ogni sapore, raffinare i sensi. Poi ancora negli sguardi, nei dialoghi, soprattutto nell’ascolto e nel tentativo di stare nel momento, con tutta me stessa, per quanto possibile.
In tutti questi attimi il mio sguardo cercava la ragione del mio andare: la natura. Madre, sorella, meraviglia, bellezza, pace.
I fiori di cosmea, fiori composti e umili – gambo sottile e resistente – mi davano il buongiorno e la buonanotte. Rosa, viola, bianchi, scarlatti, esili, mossi dal vento e armoniosi, mi trasferivano, senza conoscerne ancora nome e significato, quella tranquillità che stavo cercando.
I boschi circostanti, le colline: polmoni verdi e luoghi dove approfondire il respiro, esplorare la pace e scorgere i giochi di luce attraverso la finestra, durante i pasti.
Esserci e perdersi nella delicatezza dei petali di un fiore, nel chiarore di un cielo nuovo, tra le sfumature dell’autunno.
Senso di comunione e continuità.
Vita.
Spostandomi poco più a nord, sulle colline emiliane, ho scoperto che basta fare pochi passi – direzione prato, per trovare tantissime erbe spontanee: e da lì forme, dettagli, caratteristiche, storie, leggende.
Ho imparato che se un fiore ha la lanuggine non si mangia (a chi verrebbe in mente di mangiare della lana, avrà pensato il fiore davanti ad un raccoglitore dubbioso); che i gerani sono belli per decorare il balcone ma non da mettere nel piatto; che la ginestra, nota come pianta tenace e simbolo di rinascita, viene utilizzata per produrre un filato.
E poi che il tarassaco, erba di poche pretese e molto resistente, oltre ad essere un ottimo depurativo, è simbolo di consapevolezza: il suo soffione, ultima fase di sviluppo del fiore, rappresenta l’impermanenza e ci fa memoria della grande opportunità che abbiamo di vivere fino in fondo il momento presente, nella sua bellezza.
Ho osservato le erbe, le ho raccolte, le ho mangiate: ho vissuto e compreso l’importanza di fare esperienza, perché, come per qualsiasi altra cosa di cui ci si innamora, anche con le piante l’incontro è fondamentale.
Comincia un viaggio.
Grazie a questi luoghi: ad Ananda per la sua energia positiva, alla Fattoria dell’Autosufficienza per l’accoglienza e lo spirito di condivisione che mi ha dato l’opportunità di incontrare La Sibilla delle erbe, donna dalle grandi conoscenze e dal grande cuore. Seguite le Case delle Erbe e diffondete il progetto: esistono realtà bellissime che neanche immaginiamo.
*Illustrazione in copertina di Comiale (Instagram link)
*Fotografie di Chiara Campi
Alborella è un pesce gregario: le piace la compagnia delle altre Alborelle. Le piacciono anche i tramonti sul Lago, il cibo sano e genuino, l’arte in tutte le sue forme. E, ogni tanto, le piace esplorare in solitaria, qualche volta cambiare strada e svelare, curiosa, nuovi angoli di cielo.
PODCAST > “Archeologia dell’anima“, scritto e letto da Chiara Campi [Alborella].