Momenti di trascurabile (in)felicità
Amo le persone capaci di sorridere di se stesse. Quegli individui che sanno accettare serenamente i propri limiti, accogliere con indulgenza le proprie debolezze e sdrammatizzarle con autoironia. Sono le persone che riescono a far fronte a qualsiasi situazione – persino la più imbarazzante – con leggerezza, e a strappare sempre un sorriso. Anche quando non sei d’accordo con loro.
Nei suoi libri, Francesco Piccolo propone proprio questo modo di stare al mondo. Un approccio alla vita sincero, ironico, consapevole che non esiste una formula segreta in grado di assicurare la Felicità perpetua. In ogni singola giornata ci sono piuttosto tanti piccoli momenti che ci fanno stare bene quasi senza farsi riconoscere. Dei flash improvvisi che illuminano il tran tran quotidiano, tra umori e malumori. Perché anche un episodio che genera fastidio o temporaneo dispiacere – se vissuto con ironia – contribuisce di diritto alla gioia di vivere.
Entro in un negozio di scarpe, perché ho visto delle scarpe che mi piacciono in vetrina. Le indico alla commessa, dico il mio numero, 46. Lei torna e dice: mi dispiace, non abbiamo il suo numero.
Poi aggiunge sempre: abbiamo il 41.
E mi guarda, in silenzio, perché vuole una risposta.
E io, una volta sola, vorrei dire: e va bene, mi dia il 41.
I due bestseller di Piccolo – Momenti di trascurabile felicità (2010) e Momenti di trascurabile infelicità (2015) – sono veri e propri cataloghi di questi attimi di allegra tristezza. Un elenco di piaceri inconfessabili, vizi, tic, debolezze, frustrazioni agrodolci dell’autore, che si confessa pagina dopo pagina attraverso brevi racconti e aforismi, fino al lapidario «Troppi preliminari».
Il cartello che c’è sulla porta d’ingresso dei supermercati o nei negozi. Dice: “si avvisa la spettabile clientela che i prodotti sono protetti da un sistema di allarme”. Ci chiamano “spettabile” intanto che ci dicono: siete dei ladri, ma state attenti che vi becchiamo.
È facile per il lettore riconoscersi nelle situazioni descritte. Ritrovarsi mogi mogi a fare benzina con il fai da te, mentre avevamo sperato nel benzinaio. Provare a fare la dieta Dukan e – dopo giorni di bresaola in tavola – rendersi conto che il corpo ha assolutamente bisogno di rigatoni e Oro Saiwa. Ammettere che amiamo molto i nostri figli, ma a volte non li sopportiamo proprio. Come quando ci costringono a spegnere il computer, ad aiutarli con i lego, o a sopportare un’interminabile festa di bambini, dalla quale non si può sfuggire finché non è stata servita la torta.
Presento il mio libro in una città lontana. Porto con me mia figlia. Dopo la presentazione, una lettrice si avvicina, mi fa grandi complimenti, poi si rivolge a mia figlia e le dice convinta: lei deve essere molto orgogliosa di suo padre. E mia figlia risponde: certo, lo sono.
E poi, appena la signora si allontana, mi dice senza alcun intento ironico, con accento romanesco: je potevo mai dì de no?
Ho amato molto questi libri e scoprire che proprio in questi giorni è sbarcato sul grande schermo l’omonimo Momenti di trascurabile felicità di Daniele Luchetti, con protagonista Pif, mi ha subito incuriosita. Mi sono chiesta come fosse possibile trarre un film da una raccolta di aneddoti e pensieri che, seppure molto divertenti, non costituiscono una trama cinematografica.
Che trucco potevano aver escogitato Luchetti e Piccolo, coinvolto come sceneggiatore? È presto detto: far morire il protagonista – l’uomo medio Paolo – nel primo minuto del film per colpa proprio di uno dei suoi quotidiani incoffessabili piaceri: attraversare con il semaforo rosso in motorino e farla franca. Catapultato nell’anticamera del Paradiso per lo smistamento, Paolo scopre che c’è stato un piccolo errore di calcolo che gli permetterà di tornare sulla Terra per il tempo che si è guadagnato grazie al consumo abbondante di centrifughe: un’ora e trentadue minuti.
Un’occasione irripetibile per fare un bilancio di tutte le cose grandi e importanti della vita? No. Piuttosto, lo spunto per dare spazio alle piccole grandi (in)felicità quotidiane. Perché è proprio la somma dei (non) trascurabili piaceri, dei fastidi, dei contrattempi, degli attimi dolci-amari, che regala – al lettore così come allo spettatore – un quadro sincero e completo di chi siamo.
Certo, senza dimenticare le domande più importanti, quelle destinate a restare senza risposta: la luce del frigorifero, quando l’hai chiuso, si spegne veramente? In treno, com’è possibile prendere un martello frangivetro all’interno di una bacheca di vetro se non con un altro martello frangivetro? Perché quando stai dormendo e suona il telefono, se ti chiedono “stavi dormendo?” rispondi sempre “no, no, figurati”?
E ancora: se mancassero i piccoli contrattempi quotidiani, apprezzeremmo allo stesso modo le gioie delle nostre giornate? E se togliessimo i difetti alle persone che amiamo, quello che ci piace di loro non ci sembrerebbe meno interessante?
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Lettrice onnivora e compulsiva, Acciuga cade nei libri come un’alice nella tana del bianconiglio. Lì scopre sogni, idee, vite, relazioni, universi. Arco che incocca la piccola acciuga e la lancia verso le nuvole. Da grande vuole fare la libraia.
PODCAST > L’articolo “Momenti di trascurabile (in)felicità” letto da Alice [acciuga].